22 luglio 2008

Cabala.

La smorfia ci suggerirebbe oggi di giocare l’ambo 43 e 48 sulla ruota dell’Avana. Scopriamone il motivo. La nostra storia risale ai tempi del Governo del Presidente Grau. Da quando era andato al potere, il 10 ottobre 1944, gli attentati erano quasi all’ordine del giorno e uomini come Orlando León Lemus, detto El Colorado, imperversavano con le loro bande al servizio di chi pagava meglio. Il 6 settembre 1946, accadde però un fatto che sconvolse la città: l’attentato numero 48. Tutto il mondo politico, l’opinione pubblica e gli stessi gangster presero le distanze, “Non mietiamo vite innocenti”, dichiarò alla stampa lo stesso Colorado.
Alle nove di sera di quel caldo settembre avanero, mentre l’automobile ufficiale del dottor Joaquín Martínez Sáenz, senatore della Repubblica e ministro senza portafoglio, procedeva senza fretta sulla Quinta Avenida, venne affiancata da un altro mezzo da cui spararono dei proiettili di grosso calibro. Con grande disappunto e dolore della città intera, la vittima era un giovane di soli 16 anni, che stava tornando dalla spiaggia per andare a prendere lo smoking e recarsi ad una festa. Gli ignoti assassini avevano infatti ferito gravemente alla testa Luis Joaquín Martínez Fernández, il figlio del ministro, che morirà qualche ora più tardi nell’Ospedale militare di Columbia.
Il coro di dolore e rabbia per la morte di un adolescente fu unanime, personaggi come Blas Roca, Eduardo Chibás, Ramón Vasconcelos, Carlos Saladrigas, Jorge Mañach, lo ripudiarono pubblicamente, sostenuti da veterani dell’Indipendenza come il generale Enrique Loynaz del Castillo e dallo stesso Procuratore Generale della Repubblica, il Dottor Rafael Trejo. Persino Grau si rimproverò della sua tolleranza verso i gruppi dal grilletto facile. Persone di ogni credo e posizione politica si presentarono ai funerali.
All’inizio nacquero delle voci di presunti dissidi tra Martínez Sáenz y José Manuel Alemán, Ministro dell’Educazione, ma lo stesso politico, durante il funerale, s’avvicinò al collega manifestando il suo cordoglio e l’intenzione di regolare lui stesso i conti se qualcuno del suo dicastero fosse stato implicato. Secondo il senatore Chibás, l’attività politica di Martínez Sáenz non mostrava punti oscuri che lo collegassero ad affari loschi ed altre attività disoneste. Perché allora questo crudele assassino, che assomigliava ad una vendetta trasversale? E qui entrano in ballo il 43, il caso e la follia.
Il 9 agosto, sempre a Miramar, l’automobile del dottor Antonio Valdés Rodríguez, responsabile del Commercio Estero del Ministero degli Affari Esteri era stata crivellata da colpi di lupara e lo stesso ne era miracolosamente uscito illeso. Era l’attentato numero 43. Valdés Rodríguez e Martínez Sáenz, oltre ad essere due politici, erano anche soci di uno studio legale, e partecipavano alla vita mondana della sfavillante Avana. Fu così che conobbero la coppia formata dal milionario Enrique Sánchez del Monte e Cruz de los Ángeles Betancourt Horstman. La famiglia di Enrique, proprietaria delle piantagioni di canna da zucchero Santa Lucía e Báguanos, nell’oriente cubano, non avevano per nulla fiducia di quella ragazza di cui Enrique si era perdutamente innamorato. Il padre della giovane era stato ucciso da un fratello a Camagüey, a sua volta misteriosamente ammazzato a colpi d’arma da fuoco a Cienfuegos. Inoltre la famiglia contava con un altra morte violenta, in quella che sembrerebbe una faida. A questi timori dei Sánchez del Monte, s’aggiungeva il fatto che la coppia non era tanto bene assortita, dato che a lui piaceva il lavoro, mentre a lei le feste e la vita sociale. Però Enrique amava smisuratamente quella donna e nonostante si dicesse che fosse un po’ tirchio, acconsentiva a qualsiasi sua richiesta. Provava inoltre una devozione per le sue due figlie, Dagmar e Pilar. Poco a poco, Cruz de los Ángeles lo convinse a partecipare ai ricevimenti e mentre lei si compiaceva della sua bellezza, lui diventava sempre più geloso. Dalla violenza verbale, passò a quella fisica, mandandola dal dentista. E a chi si rivolse Cruz de los Ángeles per il divorzio? Allo studio associato degli avvocati Martínez Sáenz y Valdés Rodríguez. Il latifondista dovette pagare alla sua ex sposa 400.000 dollari ed un assegno mensile di 600, con la privazione della tutela e custodia delle bambine. L’uomo ebbe un vero e proprio tracollo e fu internato in una casa di cura. Incominciò a perseguitarlo un’idea ossessiva: quella d’essere stato tradito dai suoi due amici avvocati, che avevano macchinato in combutta con Cruz de los Ángeles. Era ancora giovane, a 43 anni avrebbe potuto rifarsi una vita, ma prima provò ad entrare in una confraternita religiosa, poi incominciò a bere, mentre il proposito di vendicarsi si faceva strada nella sua mente ormai sconvolta. Non aveva però il coraggio di farsi giustizia da solo. Incontrò così Rogelio Herrera, un poliziotto in pensione che lo mise in contatto con Abelardo Fernández, detto El Manquito, tenente della Polizia del Ministero dell’Educazione ai tempi del furto del brillante del Capitolio, che a suo volta gli fece conoscere Román López, noto come El Oriental. El Manquito chiese seimila pesos per la morte di Cruz de los Ángeles Betancourt Horstman, tre mila per quella di Antonio Valdés Rodríguez e cinquemila per Joaquín Martínez Sáenz. L’esecutore materiale sarebbe stato El Oriental. L’omicidio del ragazzo risultò essere un tragico scambio di persona.
Però nella sua pazzia, Enrique Sánchez del Monte parlò delle sue intenzioni anche con l’amico d’infanzia José del Cueto, a quei tempi direttore della Dogana, il quale nel tempo associò i gravi fatti accaduti, comunicandoli a Grau ed anche al comandante Mario Salabarría, capo del Servizio Investigativo e Informazioni Straordinarie (la DIGOS d’allora…). Questi mandò i suoi uomini in calle Galiano n. 153, dove all’interno 74 viveva Sánchez del Monte, e lo fece arrestare. A onor del vero, più di un arresto fu un sequestro, perché non fu portato in nessuna stazione di polizia, ma in una fattoria dove, dopo cinque giorni, fu “convinto” a ripetere la sua confessione davanti al giudice istruttore. Tutte le altre persone implicate, compreso l’ex poliziotto, furono arrestate. Enrique Sánchez del Monte fu condannato ad una pena severa e quando usci dal carcere, all’entrata dell’appartamento che era stato di sua proprietà, si mise a vendere piccoli oggetti fatti con il tornio.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

LI GIOCO SU CAGLIARI..C COME CUBA,SARDEGNA ISOLA COME CUBA...E SE VINCO CI TORNO IN VACANZA .JAJAJA.BEAT

Massimo Barba ha detto...

Però almeno ci inviti a bere una birra, vero?!? :-D

Anonimo ha detto...

SICURO , IN QUELLA BELLA BIRRERIA NELLA PLAZA VIEJA...BEAT

pumario ha detto...

Massimo venerdì o sabato vedo monica e sicuramente parleremo del Massimo Barba quindi, ti fischieranno le orecchie...