Quella di oggi è una storia incredibile, fatta di superstizioni, uno strano furto ed un ancor più strano ritrovamento. E’ la storia del brillante del Capitolio dell’Avana.
Esattamente sotto i 62 metri della cupola del Capitolio, è inserita nel pavimento la copia del brillante di 24 carati, di cui parliamo oggi, che segna il chilometro zero di tutte le distanze dall’Avana.
Ad interessarsi dell’acquisto del brillante fu l’allora ministro delle Opere Pubbliche, Carlos Miguel de Céspedes. Il costo fu di 12mila pesos, 9mila furono versati dalle maestranze e dall’impresa appaltatrice mentre i 3mila restanti dallo stesso ministro.
La gemma, però, aveva una cattiva fama.
Il venditore era Isaac Estéfano, un gioielliere arabo (forse turco o libanese) residente all’Avana, che aveva fatto buoni affari con i gioielli dell’aristocrazia russa. La gemma era uno dei cinque brillanti incastonati nella corona dell’ultimo zar di Russia ed era arrivata a Cuba, da Parigi, su richiesta di Maria Jaén, moglie dell’ex presidente Aldredo Zayas y Alfonso. La “first lady”, però, era ritornata sui suoi passi ritenendo la somma di 17mila pesos troppo alta. E per Estéfano cominciarono i problemi, tentativi di rapine ed anche un mezzo sequestro.
Agli antichi proprietari non era andata meglio. Lo zar era stato ucciso con tutta la famiglia, la duchessa dalla quale Estéfano l’aveva comprato morì in strane circostanze ed il mediatore russo era rimasto cieco dopo un’aggressione.
L’arabo, così, fu felicissimo di venderla, anche se ad un prezzo minore, al ministro Carlos Miguel de Céspedes e il diamante arrivò al Capitolio.
«Il gioiello era considerato uno dei tesori più protetti della Repubblica. L’avevano incastonato in agata e platino, prima di introdurlo in un blocco d’andesita, il granito più duro del mondo, che a sua volta, all’incassarlo nel pavimento, al centro del Salone, era stato ricoperto da un altro di calcestruzzo. Un vetro smerigliato, così duro che era ritenuto infrangibile, ne rafforzava la sicurezza», scrive il giornalista Ciro Bianchi Ross. Sta di fatto che bastarono solo 30 minuti per rubarlo.
Il 25 marzo 1946, alle sette del mattino, il vigilante Enrique Mena, notò la mancanza del brillante, dando l’allarme. Sul posto furono ritrovati la fodera di un cappello macchiata di sangue, diversi fiammiferi usati e una curiosa scritta a matita sul pavimento. Diceva: «2:45 a 3:15 – 24 carati».
Le indagini, condotte dal pubblico ministero Arturo Hevia, non portarono a nessun risultato. Sembrava un furto perfetto: nemmeno l’ombra di impronte digitali.
Il 2 giugno 1947, il presidente della Repubblica, Grau San Martín, convocó nel suo ufficio alcune delle figure più importanti della nazione e ruppe il silenzio con queste parole: «Signori, vi ho convocato per presenziare alla consegna di un brillante che ho ricevuto in forma anonima e che, a quanto sembra, è lo stesso che fu sottratto tempo fa dal Capitolio Nazionale. Lo consegno al dottor Hevia».
La gemma, all'interno di un vecchio astuccio giallo, passò di mano in mano, tra lo stupore e l’incredulità dei presenti. Il presidente del Senato, Suárez Fernández, confermò che era il brillante rubato.
Il caso fu chiuso senza scoprire i colpevoli e - soprattutto - come il brillante era arrivato alla scrivania del presidente.
Humberto Vázquez García, nel suo documentatissimo libro “El gobierno de la kubanidad” (Il governo della kubanità – ed. 2005) cerca di fare luce sul caso. Ricorda che, allora, per molti i ladri erano da ricercare tra le sfere del potere e grazie alla testimonianza dell’autentico Segundo Curti Messina, figlio d’italiani e più volte ministro, ci spiega come avvenne la resituzione: «Pablito Suárez fu colui che lo portò [il brillante] alla scrivania di Grau». Era sposato con Tatita Grau, una delle nipoti del presidente; matrimonio che gli consentì l’avvicinamento al Palazzo e il grado di comandante della Polizia Nazionale. Lui fu l’intermediario nella restituzione del brillante, diceva Curti, operazione nella quale contò con l’aiuto di Abelardo Fernàndez, El Manquito, capo della Polizia del Ministero dell’Educazione.
Esattamente sotto i 62 metri della cupola del Capitolio, è inserita nel pavimento la copia del brillante di 24 carati, di cui parliamo oggi, che segna il chilometro zero di tutte le distanze dall’Avana.
Ad interessarsi dell’acquisto del brillante fu l’allora ministro delle Opere Pubbliche, Carlos Miguel de Céspedes. Il costo fu di 12mila pesos, 9mila furono versati dalle maestranze e dall’impresa appaltatrice mentre i 3mila restanti dallo stesso ministro.
La gemma, però, aveva una cattiva fama.
Il venditore era Isaac Estéfano, un gioielliere arabo (forse turco o libanese) residente all’Avana, che aveva fatto buoni affari con i gioielli dell’aristocrazia russa. La gemma era uno dei cinque brillanti incastonati nella corona dell’ultimo zar di Russia ed era arrivata a Cuba, da Parigi, su richiesta di Maria Jaén, moglie dell’ex presidente Aldredo Zayas y Alfonso. La “first lady”, però, era ritornata sui suoi passi ritenendo la somma di 17mila pesos troppo alta. E per Estéfano cominciarono i problemi, tentativi di rapine ed anche un mezzo sequestro.
Agli antichi proprietari non era andata meglio. Lo zar era stato ucciso con tutta la famiglia, la duchessa dalla quale Estéfano l’aveva comprato morì in strane circostanze ed il mediatore russo era rimasto cieco dopo un’aggressione.
L’arabo, così, fu felicissimo di venderla, anche se ad un prezzo minore, al ministro Carlos Miguel de Céspedes e il diamante arrivò al Capitolio.
«Il gioiello era considerato uno dei tesori più protetti della Repubblica. L’avevano incastonato in agata e platino, prima di introdurlo in un blocco d’andesita, il granito più duro del mondo, che a sua volta, all’incassarlo nel pavimento, al centro del Salone, era stato ricoperto da un altro di calcestruzzo. Un vetro smerigliato, così duro che era ritenuto infrangibile, ne rafforzava la sicurezza», scrive il giornalista Ciro Bianchi Ross. Sta di fatto che bastarono solo 30 minuti per rubarlo.
Il 25 marzo 1946, alle sette del mattino, il vigilante Enrique Mena, notò la mancanza del brillante, dando l’allarme. Sul posto furono ritrovati la fodera di un cappello macchiata di sangue, diversi fiammiferi usati e una curiosa scritta a matita sul pavimento. Diceva: «2:45 a 3:15 – 24 carati».
Le indagini, condotte dal pubblico ministero Arturo Hevia, non portarono a nessun risultato. Sembrava un furto perfetto: nemmeno l’ombra di impronte digitali.
Il 2 giugno 1947, il presidente della Repubblica, Grau San Martín, convocó nel suo ufficio alcune delle figure più importanti della nazione e ruppe il silenzio con queste parole: «Signori, vi ho convocato per presenziare alla consegna di un brillante che ho ricevuto in forma anonima e che, a quanto sembra, è lo stesso che fu sottratto tempo fa dal Capitolio Nazionale. Lo consegno al dottor Hevia».
La gemma, all'interno di un vecchio astuccio giallo, passò di mano in mano, tra lo stupore e l’incredulità dei presenti. Il presidente del Senato, Suárez Fernández, confermò che era il brillante rubato.
Il caso fu chiuso senza scoprire i colpevoli e - soprattutto - come il brillante era arrivato alla scrivania del presidente.
Humberto Vázquez García, nel suo documentatissimo libro “El gobierno de la kubanidad” (Il governo della kubanità – ed. 2005) cerca di fare luce sul caso. Ricorda che, allora, per molti i ladri erano da ricercare tra le sfere del potere e grazie alla testimonianza dell’autentico Segundo Curti Messina, figlio d’italiani e più volte ministro, ci spiega come avvenne la resituzione: «Pablito Suárez fu colui che lo portò [il brillante] alla scrivania di Grau». Era sposato con Tatita Grau, una delle nipoti del presidente; matrimonio che gli consentì l’avvicinamento al Palazzo e il grado di comandante della Polizia Nazionale. Lui fu l’intermediario nella restituzione del brillante, diceva Curti, operazione nella quale contò con l’aiuto di Abelardo Fernàndez, El Manquito, capo della Polizia del Ministero dell’Educazione.
10 commenti:
Bellissima storia, vedrei il tutto ben incastonato, parlando di brillanti, in un bel film da girarsi nella meravigliosa Cuba e sono sicuro che ne uscirebbe un capolavoro. Il nostro Massimo è sempre il migliore, non perde tempo con quattro gay in una spiaggia deserta ma ci regala sempre pillole di cultura. Niente contro il "cubanite" ma se si vuole leggere o vedere cose cubane, questo è il blog da visitare.
Sono d'accordo con Mario,questo è un blog di qualità,documentato ,ricco di storia e cultura.
Complimenti al Massimo .
Esimio Herr Direktor, come sempre tanto di cappello, non quello lasciato sul luogo del delito, per il suo articolo. I tre intermediari, in tempi recenti, sarebbero stati tutt'e tre indagati per ricettazione, ma erano altri momenti. Stefano.
Lo Stefano qua sopra è Stefano Pasqualon? Se si, sarebbe interessante fare la sua conoscenza lavorativa in Cuba. Non per farmi gli affari suoi ma, così tanto per capire con chi scambiamo i nostri pensieri avaneri. Mario
Il profilo di Stefano Pasqualon.
Sono nato a Bolzano nel 1964. Ho lavorato per circa 20 anni come ispettore della Polizia di Stato. Dal 2005 vivo all'Avana dove sono traduttore di madrelingua per un ente cubano.
Grazie Stefano, spero di poter bere un moijto con te quando tornerò a Cuba, e visto che dovrò conoscere Massimo, magari ci facciamo un bel aperitivo assieme. Mario
sempre storie affascinanti..grazie per queste pillole di storia e cultura, grazie davvero...questa e' Cuba.Beat
Beat, come va?
Ciao carissimo Puma.Bene son un po meno al computer perche' a differenza dell inverno ( sett- maggio) vengo meno in ufficio quindi leggo cubanite e questo fantastico pensieri avaneri un po meno..tu come stai??Beat
Beat io sto da Dio... scherzi a parte, sto benissimo, ho già collezionato due presenze in Cuba, gennaio e maggio, penso di fare una scappata in ottobre e sicuramente ci sarò dalla metà di gennaio fino alla fine di febbraio 2009 perché è assodato che è il periodo migliore per il Marlin ed il Peto. Come penso sai, ho la malattia della pesca d'altura. Se ti fai un giretto sopra al mio nick ti immergi nel mio diario di pesca dove puoi vedere alcuni trofei di gennnaio 2008. Hola amigo.
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